Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 16

[19] LA GRANDE CITTÀ SI SQUARCIÒ IN TRE PARTI E CROLLARONO LE CITTÀ DELLE NAZIONI. DIO SI RICORDÒ DI BABILONIA LA GRANDE, PER DARLE DA BERE LA COPPA DI VINO DELLA SUA IRA ARDENTE.
A) “La grande città”. Da tutto quanto già detto si comprende bene che con questa espressione si vuole indicare “Babilonia la grande”, cioè la città dell’Anticristo, (cfr. Pierre prigent, op. cit., p. 497), il regno mondiale di malvagità, e di violenza, dell’Anticristo che durerà tre anni e sei mesi. Questa caduta di Babilonia è considerata così importante da essere precisata nei particolari, addiritura in ben due capitoli (Ap 17-18). Babilonia verrà squarciata in tre parti, come preludio alla sua rovina completa.
B) Qualcuno ha pensato che Gerusalemme sarà la capitale dell’Anticristo. Anche quando la capitale dell’Anticristo fosse davvero Gerusalemme, l’Apocalisse pone dinanzi agli occhi non la realtà geografica dell’impero del male, ma quella teologica: ciò che conta è la caduta del regno del male, di “Babilonia la grande”, dell’impero del male idolatrico, non ha davvero importanza questa città o quel paese geografico. C) Qualche autore ha pensato che “la grande città” sia Gerusalemme così definita in Ap 11,8. Ma non c’è dubbio che col termine la “grande città” che si squarcia, cioè “Babilonia la grande”, si indica la totalità della città dell’Anticristo, l’insieme del suo impero mondiale, ovunque egli porrà – concretamente - la sua capitale. Ciò che conta è che l’impero del male viene fatto a pezzi e berrà il vino della collera di Dio. D) Non c’è dubbio che l’oggetto del castigo è quella Babilonia la grande, di cui già si è parlato (Ap 15,8), ma di cui si parlerà in modo esteso nei Capitoli 17 e 18. E) “Si squarciò in tre parti”. In Isaia, quando viene usato questo verbo “squarciarsi”, è per dire che la città fu completamente rovinata (cfr. Is 24, 1-21). I danni che il terremoto provoca a Babilonia, sono solo il preludio della sua distruzione totale che Giovanni contemplerà nel Cap. 18 e poi nel combattimento decisivo al Cap. 19. Qualcuno pensa che questo particolare ricalca un gesto simbolico di Ezechiele che si taglia barba e capelli, li divide in tre parti che brucia, tagliuzza e disperde al vento, a significare la sorte che attende Gerusalemme infedele (cfr. Ez 5,1 ss). Ma evidentemente - se fosse così - questo indicherebbe solo analogicamente, l’analoga sorte che toccherà a “Babilonia la grande”, colpevole del massimo dell’infedeltà mai registrata. F) “Crollarono le città delle nazioni”. Insieme a Babilonia, crollarono anche molte altre città pagane, capitali dei regni pagani alleati all’Anticristo: segno certo che non si tratta di un qualsiasi terremoto, con cause solo naturali. Qui la terapia è “mirata”, la medicina riguarda solo le città malate di paganesimo e idolatria. La scena quindi sembra quella di un terremoto che devasta tutta la terra infedele a Dio, non solo la capitale dell’impero dell’Anticristo. G) “Dio si ricordò di Babilonia la grande”. È un’espressione metaforica biblica per indicare che Dio decide in merito alla retribuzione da dare, il castigo da conferire.

Si fa allusione al processo istruito davanti al trono di Dio. Il castigo viene indicato con un’altra metafora biblica, quella del calice del vino dell’ira. Si tratta di un modo per dire che è giunto il momento di colpire la città degli idoli e dell’apostasia, distruzione che verrà celebrata e descritta nei capitoli 17-18 che quindi costituiscono un’unità tematica. H) “Darle da bere la Coppa di vino della sua ira ardente”. L’espressione è proprio uguale, anche nei termini usati, a quanto riferito in Ap 14,10: “berrà il vino dell’ira di Dio che è versato puro nella Coppa della sua ira”; espressione riferita contro gli adoratori della Bestia, che hanno il suo marchio. Lo stesso significato - espresso in modo simile - lo troviamo in Ap 14, 18-20. Questa espressione è di nuovo utilizzata in Ap 19, 15: “Il Verbo di Dio....dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli .... pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa del Dio onnipotente”. Tutto questo fa capire che Babilonia la grande, cioè la città dell’Anticristo, VERRÀ DISTRUTTA DA GESÙ, QUANDO EGLI VERRÀ SULLE NUBI DEL CIELO (cfr. Ap 19, 11- 21; Mt 24, 30). La scaletta delineata dall’Apocalisse mostra con evidenza che quanto descritto in Ap 19, 11-21, è la conclusione, si trova cioè posto alla fine delle tre serie di settenari. Nel 1° Esodo si usciva dall’Egitto, per entrare nella terra promessa, la Palestina. In questo nuovo Esodo escatologico, si esce da Babilonia la grande, la città dell’Anticristo, per entrare nella nuova Gerusalemme, che discende dal cielo. Le espressioni forti utilizzate in questo versetto indicano che il vecchio mondo verrà distrutto. I) Questo 7° angelo che annuncia il castigo di Babilonia, potrebbe essere l’Angelo che all’inizio del Cap. 17 chiama Giovanni per fargli vedere la condanna della grande prostituta (Ap 17,1). È vero che in Ap 17,1 è detto “uno dei 7 angeli che hanno le sette Coppe” e quindi potrebbe essere ognuno dei sette, ma il fatto che questo ultimo angelo sia l’unico che esplicitamente e direttamente parli del castigo di Babilonia la grande, lo mette in “pole position” rispetto agli altri angeli. In Ap 21, chi mostra a Giovanni la Gerusalemme che scende dal cielo, è “uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli” (Ap 21,9).

Quale possa essere dei 7 non è facile stabilirlo: può darsi che sia l’Angelo che mostrò a Giovanni la rovina della meretrice oppure potrebbe essere il 6° che parla del gran giorno di Dio onnipotente.

[20] OGNI ISOLA SCOMPARVE E I MONTI SI DILEGUARONO.
A) In greco: “Kaì pasa nesos éfiughen kaì òre ouch eùrètesan” (“E ogni isola fuggì e i monti non furono ritrovati”). La mano di Dio colpisce anche ciò che sembra più solido: le montagne e le isole. Il cataclisma è immenso e ha effetti devastanti. Si ha così lo sconvolgimento finale delle cose. Dio ha usato, come si dice, “la mano pesante”. Si può fare un parallelo col “violento terremoto” descritto in Ap 6, 12, all’interno del 6° Sigillo dove è detto che “tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto” (Ap 6,14); adesso invece scompaiono addiritura. Ogni rilievo oro-topografico è annullato: è come se il globo tornasse allo stato amorfo che precedeva l’opera creativa di Dio (cfr. Gn 1,2). Isole e montagne sono rimosse. È l’universo che scompare, PER LASCIARE POSTO ALLA “NUOVA CREAZIONE”. Tutto questo prepara la fine e la consumazione di un mondo, non del......mondo.

[21] E GRANDINE ENORME DEL PESO DI MEZZO QUINTALE SCROSCIÒ DAL CIELO SOPRA GLI UOMINI, E GLI UOMINI BESTEMMIARONO DIO A CAUSA DEL FLAGELLO DELLA GRANDINE, POICHÈ ERA DAVVERO UN GRANDE FLAGELLO.
A) “Grandine enorme”. In greco: “Kaì calaza megàle òs talantiaìa katabaìnei èk tou oùranou èpì tous àntròpous” (“E grandine grossa come un talento scende dal cielo sugli uomini”). B) “Scende dal cielo”, non si tratta solo di affermare che la grandine scende dal cielo, cosa ovvia. Il cielo di cui si parla qui è quello divino, non il cielo naturale, per cui la frase vuole dire che quella grandine fu mandata da Dio, è opera diretta della mano di Dio. Il talento, presso gli ebrei aveva il peso di circa 42,5 Kg. Il castigo di Dio, quindi, è grosso e tremendo. Cade una grandine di proporzioni spettacolari. Essa cade sugli uomini così come cadevano i proiettili del nemico assediante: le catapulte romane - nell’assedio di Gerusalemme del 70 d.C. - lanciavano sassi da 40-50 Kg (cfr. Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, 5, [6,3] 270). C) Il libro della Sapienza, fornisce il motivo teologico del lancio di questi enormi chicchi di grandine: “Dalla fionda saranno scagliati chicchi di grandine colmi di sdegno” (Sap 5,22). Questa piaga richiama chiaramente Es 9, 13-26 quando Dio fece cadere sull’Egitto una grandine violentissima come non c’era mai stata.

Questa grandine colpì tutti, uomini, bestie, schiantò alberi, ecc. e fu così potente e paurosa che il Faraone decise di lasciar partire gli israeliti, anche se appena Mosé uscì dalla città, egli si pentì e non fece più partire gli ebrei. Però da nessuna parte è detto che quella grandine egiziana, fosse composta da “chicchi” di quasi mezzo quintale! Credo che questo flagello dell’Apocalisse sia unico: più grande di tutti gli altri. Questo è confermato dalla parte finale di questo versetto, nel testo greco. D) “Poiché era davvero un grande flagello”. In greco: “òti megàle èstin è pleghè aùtes sfòdra” = “perché grande è la piaga di quella oltre misura”. E) “Gli uomini bestemmiarono Dio”. Più volte nell’Apocalisse è detto che gli uomini, vedendo e subendo i flagelli medicinali, invece di convertirsi, invece di vedere all’opera la mano di Dio che li richiama alla rettitudine, bestemmiano, peggiorando così la loro situazione già grave. Al termine delle 7 Coppe , viene ripetuto quanto era già stato affermato nel Cap. 9, al termine delle 7 Trombe (Ap 9,20-21).

Anche all’interno delle 7 Coppe, abbiamo visto che, nonostante il flagello delle tenebre e il dolore provato, gli uomini “bestemmiano Dio, invece di pentirsi delle loro azioni” (v. 11). Tutto questo ripropone per l’ultimo Esodo, quanto avvenuto nel primo Esodo, cioè l’ostinatezza del Faraone e degli egiziani, nel non riconoscere l’intervento di Dio e convertirsi. F) Gli avvenimenti grandiosi conducono verso la fine: all’immoralità di Babilonia è riservato un destino di sconfitta terrena e di perdizione irrevocabile nell’eternità: a monito degli uomini ancora viventi e a giustizia delle tribolazioni dei martiri.

Don Guglielmo Fichera

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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30