Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 16

[5] ALLORA UDII L’ANGELO DELLE ACQUE CHE DICEVA: “SEI GIUSTO, TU CHE SEI E CHE ERI, TU, IL SANTO, POICHÉ COSÌ HAI GIUDICATO.
A) Avviene qui una pausa nel ritmo del versamento del Coppe, come per distaccare le prime 3 dalle seconde 4 - mantenendo così lo schema 4+3; solo che qui lo schema è invertito: 3 + 4. Questi versetti contengono l’approvazione dell’operato di Dio: due dossologie commentano e glorificano questa punizione prodigiosa dell’acqua cambiata in sangue. B) “L’angelo delle acque”. In greco: “Tou ànghélou ton ùdàton”. L’angelo che presiede alle acque (cfr. Ap 7,1). Questo Angelo vede distrutte da Dio quelle acque che da Dio gli erano state affidate e interviene dunque a proposito, perché la 3^ Coppa ha colpito il suo settore. Ma egli invece di protestare riconosce la giustizia dell’agire di Dio.

L’Angelo proclama il vero significato e carattere del flagello: esso è un giusto giudizio di Dio, è opera del Dio giusto. Che Dio si serva di Angeli per controllare le forze della natura risulta anche da Ap 14,18, dove troviamo un angelo che ha potere sul fuoco, e da Ap 7,1, dove troviamo gli angeli dei venti: quindi questo angelo delle acque (Ap 16,4) si inserisce in questo gruppo di Angeli con compiti speciali. “L’idea che alcuni angeli siano in qualche modo responsabili dei principali fenomeni naturali si trova ben attestata nel tardo giudaismo. Il Libro di Enoch (60,11) enumera spiriti del tuono, del mare, del ghiaccio, della grandine, ecc. e, sempre in Enoch 66,1-2, si fa questione di angeli preposti alla potenza delle acque. Il Libro dei Giubilei (2,2) segue la stessa strada e la sua lista comprende anche angeli del vento” (L’apocalisse di San Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, p. 233).
Anche S. Agostino, Origene e San Tommaso insegnano che alcuni angeli sono preposti al governo di cose materiali. “Tanto nei sui temi principali quanto nel genere e nelle forme di espressione, l’Apocalisse è essenzialmente un Libro del mondo giudeo-cristiano. Prima di cercare le analogie più impensate – e spesso false – con le religioni della Grecia, dell’Oriente e persino dell’Estremo Oriente, bisogna ben considerare che l’Apocalisse è un Libro che si riallaccia innanzitutto, e con molteplici legami religiosi e letterari, alla tradizione d’Israele”. Per questo “prima di spiegare questo o quel simbolo, questo o quell’insegnamento del Libro, occorre domandarsi se Giovanni non lo attinga innanzi tutto e più immediatamente dal mondo e dalla tradizione giudaica, cosicché occorra spiegarlo in primo luogo in relazione a tale tradizione” (H.M. Féret, L’Apocalisse di S. Giovani. Visione cristiana della storia, Ed. Paoline, 1961, p. 24 e p. 15). C) “Sei giusto”. L’Angelo proclama la giustizia di Dio. D) “Tu che sei e che eri”. È una delle espressioni di lode usate per Dio in Ap 1,4-6. Qui non viene definito “che viene”, perché Egli è già venuto e si è già manifestato con i decreti della sua Giustizia, col giudizio si è già realizzato.
E) “Il Santo”. In greco: “òsios”. Ritorna qui lo stesso termine greco utilizzato in Ap 15,4. “òsios”, “Giusto e Santo” è espressione usata - nel Cantico di Mosé - in Deut 32,4. È usato per Dio, nel N.T., solo qui e in Ap 15,4 (“ò osios” = “il santo”). In genere per “santo” è usato il termine “aghios” (cfr. Ap 3,7: “ò aghios” = “il santo”; cfr. Ap 4,8: “Aghios, aghios, aghios, kiurios ò Teos ò pantocràton” = “Santo, santo, santo il Signore Dio l’Onnipotente”). Il termine “aghios” verrà usato nel versetto successivo (v.6). Invece “òsios”, in greco, significa “moralmente esemplare nelle opere di pietà e di virtù”. Come a dire: “tutti riconosceranno che Tu solo sei retto moralmente, tu solo sei esemplare nella virtù”. Per questo forse “si batteranno il petto tutte le tribù della terra”? (cfr. Mt 24,30). Conseguenza di questo essere di Dio e di questo suo intervenire con tanta purezza, sarà IL CAPOVOLGIMENTO DELLA SITUAZIONE DEGRADATA DELL’UMANITÀ, che verrà purificata e RESTITUITA ALLA CONDIZIONE PARADISIACA.
Credo dunque sia lecito pensare che non si usi “aghios” (santità ontologica di Dio) ma si usi il termine “òsios”, che riguarda la rettitudine e l’esemplarità di comportamento morale, proprio perché DIO INTERVERRÀ A PURIFICARE L’UMANITÀ, cancellando l’iniquità e il degrado morale in cui è caduta, PER FARLA RIPARTIRE CON UNA “VESTE BIANCA”, che assomigli alla rettitudine e all’esemplarità morale di Dio, PER RESTITUIRLA ALLE CONDIZIONI PARADISIACHE.

[6] ESSI HANNO VERSATO IL SANGUE DI SANTI E DI PROFETI, TU HAI DATO LORO SANGUE DA BERE: NE SONO BEN DEGNI!”. [7] UDII UNA VOCE CHE VENIVA DALL’ALTARE E DICEVA: “SI, SIGNORE, DIO ONNIPOTENTE; VERI E GIUSTI SONO I TUOI GIUDIZI!”.
A) “Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti, tu hai dato loro sangue da bere: ne sono ben degni!”. I santi e profeti sono quelli che hanno dovuto subire il martirio (cfr. Ap 18,24; cfr. Ap 20, 4-6). L’Angelo afferma: “Essi hanno versato il sangue dei santi (cioè i martiri di Ap 6,8-11; 7,14; 14, 1-5; 15,2-3; 20,4-6), tu hai dato loro da bere sangue: è quello che si meritano! Questi seguaci della Bestia, dell’Anticristo escatologico, vengono colpiti con quella che Dante chiama la “legge del contrappasso” che, evidentemente, non è poi così solo un artificio letterario e non è andata completamente in pensione. Dio condanna la grande meretrice (Babilonia la Grande, la città dell’Anticristo) “vendicando su di lei, il sangue dei suoi servi” (cfr. Ap 19, 2) in modo graduale, cominciando prima con le cose di prima necessità che gli uomini usano e poi passando agli uomini stessi. Le acque che diventano sangue non sono un

castigo generico, ma “mirato”: esso mira a ripristinare una giustizia violata e calpestata. La preghiera dei martiri sotto l’altare (“fino a quando non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue”, Ap 6,10) è stata esaudita. Dio ha fatto loro prontamente giustizia: è passato il tempo in cui dovevano pazientare ancora un poco (Ap 6, 11) ed è venuta l’ora in cui i loro persecutori sono castigati. Versare il sangue dei santi e dei profeti - di innocenti testimoni di Cristo - è somma colpa, che va punita con una grande pena. Siccome noi siamo imbevuti di psicologismi, di prospettive emotive e di ottiche esistenziali, precisiamo che “l’Angelo nel fare queste affermazioni adotta un punto di vista meno ........esistenziale e più oggettivo” (Pierre Prigent, l’Apocalisse di S. Giovanni, Borla, 1985, p.485). B) Il giudizio dell’Angelo delle acque riceve conferma dall’altare, cioè dalle anime degli “immolati” (“sgozzati”), uccisi a

causa della parola di Dio e della testimonianza resa, che si trovano sotto l’altare, ai piedi dell’altare (cfr. Ap 6, 9-11). Essi confermano la lode alla giustizia dei decreti divini.
C) Viene messo in evidenza lo schema del taglione che l’azione di Dio opera. Analogo taglione è inflitto in Ap 2,21 e in Ap 14, 8-10. Dante, nel Purgatorio, sintetizza in modo mirabile l’insegnamento di questo versetto: “SANGUE SITISTI, ED IO DI SANGUE T’EMPIO”(Purg. 12,57).
D) “Udii una voce che veniva dall’altare”. In greco: “Kaì ékousa tou tusiasteriou lègontos”; “e udii l’altare dicente”. C’è qui una seconda dossologia che riafferma la lode dell’Angelo delle acque. Essa proviene dall’altare, quindi riporta la parola di Dio. Questa volta non è detto che la voce è di un angelo. Alcuni esegeti pensano ad Ap 6,10 dove le anime dei martiri, sotto l’altare, domandavano giustizia, ora che la giustizia di Dio si è manifestata, potrebbero essere proprio loro a lodare Dio per i suoi giusti giudizi che si sono realizzati. Altri esegeti pensano che si tratti dell’Angelo preposto al fuoco, “che ha potere sul fuoco”, che ardeva sull’altare (“angelo che uscì dal tempio che è nel cielo”), di cui si parla in Ap 14,18. L’esclamazione di questa voce che viene dall’altare, riproduce quasi testualmente il Sal 19, 10. E) “Veri e giusti i tuoi giudizi”. La preghiera dell’altare riprende alla lettera il cantico di Mosé e dell’Agnello (cfr. Ap 15,3: “giuste e veraci le tue vie”).

[8] IL QUARTO VERSÒ LA SUA COPPA SUL SOLE E GLI FU CONCESSO DI BRUCIARE GLI UOMINI CON IL FUOCO. [9] E GLI UOMINI BRUCIARONO PER IL TERRIBILE CALORE E BESTEMMIARONO IL NOME DI DIO CHE HA IN UN SUO POTERE TALI FLAGELLI, INVECE DI RAVVEDERSI PER RENDERGLI OMAGGIO.
A) L’unico particolare che accomuna i due flagelli (4^ Tromba e 4^ Coppa) - che per il resto sono diversi - è che il sole è colpito, ma nel primo caso la sua luce diminuisce (Ap 8,12), nel secondo caso (Ap 16,8-9) è proprio il contrario: il calore del sole diventa intensissimo e brucia gli uomini. Il flagello consiste in un aumento impressionante della temperatura che brucia gli uomini.

B) Qui il sole intensifica moltissimo il suo calore e gli uomini sono bruciati dal suo fuoco. In greco: “kaì èdote aùto kaumatìsai tous àntropòus èn piurì”: “e fu dato a lui di bruciare gli uomini col fuoco”. “E fu dato al sole.....”. Torna qui l’indicazione del libro della Sapienza che riguardava l’Esodo dall’Egitto, ma che si può applicare anche a questo NUOVO ESODO ESCATOLOGICO. Secondo il libro della Sapienza, durante l’Esodo dall’Egitto degli ebrei al tempo di Mosè - gli elementi naturali mutarono la loro natura (cfr. Sap 19, 6-7: “tutta la creazione assumeva, da capo, una nuova forma), così che per gli israeliti il mare divenne terso e solido come cristallo, mentre per gli Egizi si trasformò in fuoco punitore” (La Bibbia di Navarra, Nuovo Testamento, vol. 3, p.810, nota ad Ap 15,2-4). Così accadrà anche nel nuovo Esodo che Gesù prepara: anche in questo la creazione assumerà una nuova forma, perché anche adesso gli elementinaturali muteranno la loro
natura,- in questo caso il sole brucia gli uomini, invece di dare loro solo luce e calore per vivere. Nel libro di Malachia “il giorno del Signore” è caratterizzato anche dal sole che brucia i superbi: “Ecco sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia, saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà - dice il Signore degli eserciti - in modo da non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla. Calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti” (Ml 3, 19-21). Questa pagina di Malachia sembra riferirsi “su misura” agli avvenimenti dell’Apocalisse che stiamo approfondendo, anche in questo capitolo. Gli “empi ridotti in cenere”, di Malachia, alla fine di Ap 19, corrispondono “alle carni di cui si saziano gli uccelli” (Ap 19,21), cioè le carni straziate degli empi eliminati da Gesù che viene sulle nubi. Tutto questo avverrà per realizzare il nuovo esodo escatologico, il nuovo “passaggio” escatologico da BABILONIA LA GRANDE (la città dell’Anticristo fondata sul tradimento e la bestemmia) alla NUOVA GERUSALEMME, che scende dal cielo. SI TRATTA DI UN “PASSAGGIO DI PROPRIETÀ”: GESÙ PRENDE POSSESSO DEL SUO REGNO (Ap 19, 6), TOGLIE LA PROPRIETÀ DEL MONDO AL DIAVOLO E CREA UN MONDO NUOVO, LA CITTÀ DI DIO, LA GERUSALEMME NUOVA, RICREANDO LE CONDIZIONI DEL PARADISO TERRESTRE.
C) “Bestemmiarono il nome di Dio.....invece di ravvedersi”. Nonostante si mordano le labbra per il dolore, trovano il tempo e il modo di bestemmiare. I malvagi però non si ravvedono, non traggono profitto medicinale dalle piaghe loro inflitte da Dio; si ostinano nel male come il Faraone, durante le piaghe d’Egitto. Questo concetto verrà ripetuto al versetto 11. Bestemmiando gli uomini peggiorano così la loro situazione e dimostrano di essere sempre più meritevoli di castigo. Invece di vedere nel castigo la giusta punizione per i loro peccati e le loro iniquità, accusano Dio di essere “cattivo” e di infierire ingiustamente, di non essere vero Padre. Si tratta di una doppia bestemmia che ripropone - come tutti i peccati - l’atteggiamento del peccato originale: 1) Dio non è vero, non dice la verità; 2) Dio non è Padre. D) “Dio che ha in suo potere tali flagelli”. La Bibbia afferma che Dio può castigare attraverso flagelli medicinali in qualsiasi momento lo ritiene giusto. E) “Invece di ravvedersi per rendergli omaggio”. Come era successo invece in Ap 11, dove dopo il terribile terremoto che fece crollare un decimo delle città, “i superstiti presi da terrore, davano gloria al Dio del cielo” (Ap 11,13). Qui gli uomini invece di riconoscere le loro colpe come causa di questi castighi e quindi di cambiare la loro condotta perché essi cessino, bestemmiano Dio. Come se Dio avesse mandato i castighi in modo arbitrario, ed essi fossero il frutto del “capriccio” di Dio e non della sua divina giustizia! F) Al termine di queste 7 Coppe , viene ripetuto quanto era già stato affermato al termine delle 7 Trombe: “Il resto dell’umanità che non perì a causa dei questi flagelli, non rinunziò all’opera delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e agli idoli ..... non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie” (Ap 9,20-21). Sia in questo versetto 9, come nel v. 11, viene registrata questa ostinatezza degli uomini a non convertirsi che era stato il tratto caratteristico anche degli egiziani e del Faraone durante il primo Esodo. Anche in questo, ancora una volta, le allusioni all’Esodo, consapevoli e ricercate, sono evidenti.
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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30