![]() |
![]() |
|
|
||
Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 18 |
LAMENTI SU BABILONIA [9] I RE DELLA TERRA CHE SI SONO PROSTITUITI E HAN VISSUTO NEL FASTO CON ESSA PIANGERANNO E SI LAMENTERANNO A CAUSA DI LEI, QUANDO VEDRANNO IL FUMO DEL SUO INCENDIO. |
C) “Quando vedranno il fumo del suo incendio”. Babilonia è bruciata dai 10 re dell’Anticristo (cfr. Ap 17,16). L’espressione usata è proprio uguale a quella che è utilizzata per la distruzione di Sòdoma e Gomorra. “Abramo contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace” (Gen 19,27-28). Mentre per Sòdoma si trattò di un incendio e di un fumo limitato solo a quelle due città, per “Babilonia la grande” si tratterà di un avvenimento mondiale (i re della terra….i mercanti della terra…..tutti i naviganti del mare), che riguarderà cioè tutti i luoghi e i regni dove si sarà esteso il perverso regime di Babilonia. D) “Visto che la città- prostituta è sbranata dalla Bestia e dai 10 re, questi re che piangono da lontano al vedere la città distrutta, timorosi del “suo tormento”, non possono essere gli stessi re che la distruggono. /…/ Allora i 10 re dell’Anticristo non sono la totalità dei “re della terra”, ma un loro gruppo a sè stante. Se i re del lamento sono spaventati, inoltre, significa che temono di essere coinvolti, di fare insomma la stessa fine” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 286). |
![]() |
[11] ANCHE I MERCANTI DELLA TERRA PIANGONO E GEMONO SU DI LEI, PERCHÉ NESSUNO COMPERA PIÙ LE LORO MERCI: |
![]() |
A) “Anche i mercanti”. Dopo i re è presa in rassegna una seconda categoria, i mercanti (in greco “emporoi” da cui deriva il nostro “emporio”), i gestori del sistema e del regime commerciale che ruota intorno all’organizzazione sostenuta da Babilonia la grande. Sono coloro che commerciano all’ingrosso, usufruendo delle flotte (a quel tempo, oggi di tanti altri mezzi di trasporto) per il trasporto delle loro merci. Oggi potrebbero essere le grandi società internazionali e le multinazionali. I mercanti della terra piangono e gemono di dolore e di sgomento sulla caduta terribile e rovinosa di Babilonia. B) Ma il loro dolore è del tutto interessato: il loro lucrativo commercio, in un mondo corrotto in cui tutto si compra e tutto si vende, è cessato di colpo con la scomparsa di Babilonia. Essi, probabilmente, si erano inseriti nell’iniquo contratto-ricatto dell’Anticristo secondo il quale nessuno poteva comprare o vendere senza il marchio della Bestia (Ap 13,16-17). Ora con la distruzione di Babilonia sono anch’essi rovinati a causa del danno che dovranno subire. L’odioso ricatto a cui hanno aderito li ha resi solidali con la rovina della grande prostituta. |
|
D) Secondo Edmondo Lupieri “i corpi dovrebbero esser i servi (cfr. Gen 36,6). Anche l’espressione “anime di uomini”, si ritrova come oggetto di commercio, in Ez 27,13 e potrebbe quindi indicare ancora gli schiavi. /…/ Ma corpi e anime si trovano su due livelli logici e sintattici diversi e non è lecito fonderli in unità. /…/ Qui Giovanni vuole distinguere il commercio dei corpi, dal commercio delle anime umane” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 288). E) “Perché mai tanta insistenza sugli aspetti materiali della distruzione, sulla fine della prosperità e del benessere economico? – si chiede Eugenio Corsini, che risponde così: “L’atteggiamento di Giovanni implica, in primo luogo, un giudizio morale non tanto su quegli aspetti in sé e per sé, quasi fossero intrinsecamente cattivi, quanto piuttosto sui mezzi adoperati per conseguirli e che Giovanni illustra senza reticenze: corruzione, oppressione dei deboli, violenza, sangue”. Ed aggiunge: “Il giudizio divino non ha di mira abbattersi solo sulla realtà materiale descritta, ma sulla volontà perversa, demoniaca, solo umana, che di essa si serve per la propria esaltazione”. Il Vangelo ha ammonito: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? |
![]() |
(Lc 9,25)” (cfr. Don Innocenzo Rimossi, Apocalisse, una cristologia. per simboli, LDC, Torino, 2001, p. 179). F) “I frutti che ti piacevano tanto”. In greco “he opora” è la stagione dei frutti, cioè dei frutti autunnali maturi per la raccolta. Qualcuno ha seguito l’interpretazione allegorica: è giunto il tempo della stagione matura, viene il momento del bilancio davanti a Dio. Ma è più verosimile pensare che la devastazione operata dai castighi è tale che, caduta Babilonia, non sarà più possibile procurarsi tutti questi mezzi solo per ostentare autoesaltazione. “La frase è una possibile ripresa della solita accusa ad Israele di aver rinunciato ad essere il sale del mondo, per essere scesa a patti con l’idolatria dei pagani. Anziché conservare le cose sante le ha trattate come un oggetto di proprietà e ne ha fatto mercato” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 290). [15] I MERCANTI DIVENUTI RICCHI PER ESSA, SI TERRANNO A DISTANZA PER TIMORE DEI SUOI TORMENTI; PIANGENDO E GEMENDO, DIRANNO: [16] GUAI, GUAI, IMMENSA CITTÀ, TUTTA AMMANTATA DI BISSO, DI PORPORA E DI SCARLATTO, ADORNA D’ORO, DI PIETRE PREZIOSE E DI PERLE! [17] IN UN’ORA SOLA È ANDATA DISPERSA SÌ GRANDE RICCHEZZA!. |
![]() |
TUTTI I COMANDANTI DI NAVI E L’INTERA CIURMA, I NAVIGANTI E QUANTI COMMERCIANO PER MARE SE NE STANNO A DISTANZA, [18] E GRIDANO GUARDANDO IL FUMO DEL SUO INCENDIO: “QUALE CITTÀ FU MAI SOMIGLIANTE ALL’IMMENSA CITTÀ?”. [19] GETTANDOSI SUL CAPO LA POLVERE GRIDANO, PIANGONO E GEMONO: “GUAI, GUAI, IMMENSA CITTÀ, DEL CUI LUSSO ARRICCHIRONO QUANTI AVEVANO NAVI SUL MARE! IN UN’ORA SOLA FU RIDOTTA A UN DESERTO! |
B) “Gridano guardando il fumo del suo incendio”. Anche questa terza categoria, come le prime due, piangerà e griderà dal dolore vedendo la rovinosa e improvvisa fine di Babilonia e con essa anche la loro. C) “Qual città fu mai somigliante all’immensa città?”. I naviganti, che viaggiando hanno visto tutto il mondo, possono attestare che nessun’altra città era uguale alla grande città. Qui abbiamo un altro caso in cui dal genere della profezia si passa al genere della narrazione, come in Ap 11,11 s. Questo passaggio si spiega, qui, per l’utilizzazione di Ez 27,27 dove l’esclamazione (“quale città fu mai somigliante…”) è proprio uguale a quella di Ap 13,4. Solo che lì era un’espressione dettata dallo stupore e dall’esaltazione dell’effimera e momentanea vittoria della Bestia, qui invece è il pianto amaro della gente che ha perso tutto ma è ancora attaccata all’idolo caduto e distrutto. D) “Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono”. Si moltiplicano i segni di lutto. Gettarsi la polvere sul capo – come per gli amici di Giobbe (Gb 2,12) era un segno di cordoglio (cfr. Ez 27,30; Giob 11,12) e di estremo dolore (Is 7,6; Lam 2,10). Questi, al “funerale”, del loro “vitello d’oro”, piangono e gemono, non solo per la morte della loro “città-idolo”, ma anche per il danno da loro ricevuto. E) “Possiamo così raccogliere i diversi aspetti della colpa di Babilonia, per cui è stata punita: 1) l’arrogante presunzione della propria forza e invincibilità (18,7); 2) il lusso (18,16); 3) l’organizzazione commerciale al servizio del consumismo e dell’accumulo della ricchezza (18,19); 4) l’esclusione dal proprio orizzonte d’ogni autentico riferimento a Dio; 5) il disprezzo della vita umana; 6) la violenza e la persecuzione contro i cristiani (18,24). /…/ La caduta di Babilonia per i non credenti è una catastrofe, per i credenti è liberazione e intervento della giustizia di Dio: “Condannandola Dio vi ha reso giustizia” (cfr. Ap 6, 9-11)” (Bruno Maggioni, L’Apocalisse, per una lettura profetica del tempo presente, Cittadella Editrice, Assisi, 2003, pp. 194-195). |
Pag. 2 di 3 | ||
<< precedente | 1 - 2 - 3 | successiva >> |
|
|
![]() |
Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30 |