Home > DOCUMENTI > Catechesi sull'APOCALISSE > CAPITOLO 18

LAMENTI SU BABILONIA
Nei versetti 9-19 sono registrati i lamenti A) dei re (9-10), B) dei mercanti (11-17) C) e dei naviganti (17-19), i quali piangono sulla sorte toccata alla immensa città. Essi si ispirano chiaramente alle lamentazioni profetiche dell’A. T. e in particolare agli analoghi lamenti di Ezechiele sulla città di Tiro (Ez 26-28), dove pure intervengono i principi, i mercanti e i marinai. Possiamo dire che l’intero capitolo non è altro che un’antologia di canti con cui i profeti hanno accompagnato la caduta di Ninive (Na 3,4), di Tiro (Is 23; Ez 26-28), di Edom (Is 34,8-14), della stessa Gerusalemme (Ger 7,34; 16,9) e soprattutto di Babilonia (Is 13,20-22; 21,9; 47-48; Ger 2,27; 50-51). “Attorno a Babilonia si scompaginava un impero idolatrico di re, commercianti e popoli, tutti legati da interessi, perversioni, seduzioni che fiorivano dalla prostituta per eccellenza. La fine di questa “superpotenza del male” mostra che il Signore supremo della storia è in grado di spezzare l’arroganza e la forza del tiranno universale” (Gianfranco Ravasi, Apocalisse, Piemme, 2004, p.168). Tre categorie di persone intonano altrettante lamentazioni sulla rovina di Babilonia: i re, i mercanti e i comandanti di navi, in pratica il potere politico ed economico legato e dipendente dal sistema di Babilonia.

[9] I RE DELLA TERRA CHE SI SONO PROSTITUITI E HAN VISSUTO NEL FASTO CON ESSA PIANGERANNO E SI LAMENTERANNO A CAUSA DI LEI, QUANDO VEDRANNO IL FUMO DEL SUO INCENDIO.
A) Per descrivere il castigo di Babilonia, Giovanni ricorre agli oracoli di Ezechiele sulla caduta di Tiro, dove sono registrati i lamenti dei re alleati (Ez 26,15-18), dei mercanti e dei marinai che vedono andare in rovina i loro affari (cr. Ez 27, 9-36). Ciascuna di queste tre categorie, intona un memoriale funebre per la grande città. Secondo la tradizione profetica viene descritto un avvenimento futuro come già realizzato. Infatti i re, i mercanti e i marinai si esprimono al passato (v. 10-11.18). Il castigo appare contemporaneamente imminente e già avvenuto. B) “I re…..piangeranno e si lamenteranno a causa di lei”. La prima categoria presa in considerazione è quella dei re della terra, il potere politico-statale. Le nazioni ed i re di tutta la terra che si sono prostituiti con “Babilonia la grande” piangeranno e grideranno dal dolore quando vedranno la sua fine e con essa anche la loro.

C) “Quando vedranno il fumo del suo incendio”. Babilonia è bruciata dai 10 re dell’Anticristo (cfr. Ap 17,16). L’espressione usata è proprio uguale a quella che è utilizzata per la distruzione di Sòdoma e Gomorra. “Abramo contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace” (Gen 19,27-28). Mentre per Sòdoma si trattò di un incendio e di un fumo limitato solo a quelle due città, per “Babilonia la grande” si tratterà di un avvenimento mondiale (i re della terra….i mercanti della terra…..tutti i naviganti del mare), che riguarderà cioè tutti i luoghi e i regni dove si sarà esteso il perverso regime di Babilonia. D) “Visto che la città- prostituta è sbranata dalla Bestia e dai 10 re, questi re che piangono da lontano al vedere la città distrutta, timorosi del “suo tormento”, non possono essere gli stessi re che la distruggono. /…/ Allora i 10 re dell’Anticristo non sono la totalità dei “re della terra”, ma un loro gruppo a sè stante. Se i re del lamento sono spaventati, inoltre, significa che temono di essere coinvolti, di fare insomma la stessa fine” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 286).


[10] TENENDOSI A DISTANZA PER PAURA DEI SUOI TORMENTI E DIRANNO: “GUAI, GUAI, IMMENSA CITTÀ, BABILONIA, POSSENTE CITTÀ; IN UN’ORA SOLA È GIUNTA LA TUA CONDANNA!”.

A) “Tenendosi a distanza”. In greco “àpo macròten èstekòtes”, “da lontano stando”. Guardano da lontano come gli amici di Giobbe (Gb 2,12) temendo di essere coinvolti nel tormento. Addolorati, colpiti e sorpresi da quanto accaduto, saranno costretti ad allontanarsi da lei e riflettendo sul danno che hanno subito capiranno quanto hanno sbagliato a farsi ipnotizzare dall’Anticristo. B) “Per paura dei suoi tormenti”. In greco “dia tòn fobon tou basanismou autes”, “per la paura del tormento suo”. Saranno terrorizzati a vedere il terribile castigo con cui è stata tormentata Babilonia la grande.
C) “E diranno: Guai, guai, immensa città, Babilonia; in un’ora sola è giunta la tua condanna”. In greco “mia ora elten è krisis sou”, “in una sola ora è giunto il giudizio di te”. La durata della distruzione corrisponde esattamente alla durata del potere dei 10 re (Ap 17,12). Nel versetto 8 invece di “un’ora” si dice che in “un giorno” verranno su di lei i flagelli: si tratta di espressioni diverse per indicare la rapidità e la subitaneità del castigo. Queste parole che risultano comunque parole di lode e di gloria a Dio per avere operato la giustizia, in bocca ai re della terra, sono parole di constatazione dolorosa e triste del loro tragico errore e della terribile condanna subita dalla donna-prostituta.

[11] ANCHE I MERCANTI DELLA TERRA PIANGONO E GEMONO SU DI LEI, PERCHÉ NESSUNO COMPERA PIÙ LE LORO MERCI:

A) “Anche i mercanti”. Dopo i re è presa in rassegna una seconda categoria, i mercanti (in greco “emporoi” da cui deriva il nostro “emporio”), i gestori del sistema e del regime commerciale che ruota intorno all’organizzazione sostenuta da Babilonia la grande. Sono coloro che commerciano all’ingrosso, usufruendo delle flotte (a quel tempo, oggi di tanti altri mezzi di trasporto) per il trasporto delle loro merci. Oggi potrebbero essere le grandi società internazionali e le multinazionali. I mercanti della terra piangono e gemono di dolore e di sgomento sulla caduta terribile e rovinosa di Babilonia. B) Ma il loro dolore è del tutto interessato: il loro lucrativo commercio, in un mondo corrotto in cui tutto si compra e tutto si vende, è cessato di colpo con la scomparsa di Babilonia. Essi, probabilmente, si erano inseriti nell’iniquo contratto-ricatto dell’Anticristo secondo il quale nessuno poteva comprare o vendere senza il marchio della Bestia (Ap 13,16-17). Ora con la distruzione di Babilonia sono anch’essi rovinati a causa del danno che dovranno subire. L’odioso ricatto a cui hanno aderito li ha resi solidali con la rovina della grande prostituta.


[12] CARICHI D’ORO, D’ARGENTO E DI PIETRE PREZIOSE, DI PERLE, DI LINO, DI PORPORA, DI SETA E DI SCARLATTO; LEGNI PROFUMATI DI OGNI SPECIE, OGGETTI D’AVORIO, DI LEGNO, DI BRONZO, DI FERRO, DI MARMO; [13] CINNAMÒMO, AMÒMO, PROFUMI, UNGUENTO, INCENSO, VINO, OLIO, FIOR DI FARINA, FRUMENTO, BESTIAME, GREGGI, CAVALLI, COCCHI, SCHIAVI E VITE UMANE. [14] I FRUTTI CHE TI PIACEVANO TANTO, TUTTO QUEL LUSSO E QUELLO SPLENDORE SONO PERDUTI PER TE, MAI PIÙ POTRANNO TROVARLI.

A) La lunga enumerazione-rassegna delle merci e dei materiali preziosi che da ogni parte affluivano alla grande città e tra i vari popoli, ha per scopo di far conoscere il lusso, le ricchezze ed i piaceri –la potente ricchezza mondana - che dominavano tra le sue mura e che, con la rovina di Babilonia la grande, sono persi per sempre. Infatti la lista delle merci è composta da articoli di lusso. B) La “seta”. A quell’epoca i vestiti di seta erano segno di ricchezza e di potere assai raro. “L’unica volta che è menzionata nell’A.T. è in Ez 16. Il profeta afferma che Gerusalemme quando era giovane fu amata da Dio che la vestì con gioielli e vesti preziose, oro, argento, bisso, seta, sino a farne una regina (vv. 8-14). Subito dopo però Gerusalemme si prostituì usando gli stessi oggetti donatele da Dio per farsi idoli e prostituirsi sulle alture (vv. 15-19). I paralleli col passo di Giovanni sono numerosi e il fatto che l’A.T. non parli altrove di seta, mi pare indichi con sufficiente chiarezza che Giovanni allude a Gerusalemme” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, pp. 288-289). C) Il “legno profumato” serviva per mobili di lusso. Il “cinnamomo” corrisponde alla cannella; “l’amomo” era una pianta aromatica esotica da cui si estraeva un unguento profumato per capelli; gli “aromi” (in greco “thymiàmata”) erano le essenze odorose che si facevano esalare nei bracieri. C’è anche la lista di materiali preziosi, dai metalli ai tessuti, alle pietre. Dopo i vari oggetti di lusso vengono indicati i prodotti e le forniture alimentari (vino, olio, ecc.), poi i beni mobili come gli animali agricoli, e infine la merce umana, gli uomini trattati come merci, gli schiavi (“vite umane”). Il termine “corpi” (“somaton”) designava lo schiavo; presso Strabone nel I sec., il “mercante di corpi” è il “mercante di schiavi”. Tutto è perso per sempre. Anche l’espressione “anime d’uomini” o “vite umane” (proveniente da Ez 27,13) designa anch’essa gli schiavi.

D) Secondo Edmondo Lupieri “i corpi dovrebbero esser i servi (cfr. Gen 36,6). Anche l’espressione “anime di uomini”, si ritrova come oggetto di commercio, in Ez 27,13 e potrebbe quindi indicare ancora gli schiavi. /…/ Ma corpi e anime si trovano su due livelli logici e sintattici diversi e non è lecito fonderli in unità. /…/ Qui Giovanni vuole distinguere il commercio dei corpi, dal commercio delle anime umane” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 288). E) “Perché mai tanta insistenza sugli aspetti materiali della distruzione, sulla fine della prosperità e del benessere economico? – si chiede Eugenio Corsini, che risponde così: “L’atteggiamento di Giovanni implica, in primo luogo, un giudizio morale non tanto su quegli aspetti in sé e per sé, quasi fossero intrinsecamente cattivi, quanto piuttosto sui mezzi adoperati per conseguirli e che Giovanni illustra senza reticenze: corruzione, oppressione dei deboli, violenza, sangue”. Ed aggiunge: “Il giudizio divino non ha di mira abbattersi solo sulla realtà materiale descritta, ma sulla volontà perversa, demoniaca, solo umana, che di essa si serve per la propria esaltazione”. Il Vangelo ha ammonito: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?

(Lc 9,25)” (cfr. Don Innocenzo Rimossi, Apocalisse, una cristologia. per simboli, LDC, Torino, 2001, p. 179). F) “I frutti che ti piacevano tanto”. In greco “he opora” è la stagione dei frutti, cioè dei frutti autunnali maturi per la raccolta. Qualcuno ha seguito l’interpretazione allegorica: è giunto il tempo della stagione matura, viene il momento del bilancio davanti a Dio. Ma è più verosimile pensare che la devastazione operata dai castighi è tale che, caduta Babilonia, non sarà più possibile procurarsi tutti questi mezzi solo per ostentare autoesaltazione. “La frase è una possibile ripresa della solita accusa ad Israele di aver rinunciato ad essere il sale del mondo, per essere scesa a patti con l’idolatria dei pagani. Anziché conservare le cose sante le ha trattate come un oggetto di proprietà e ne ha fatto mercato” (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 290).

[15] I MERCANTI DIVENUTI RICCHI PER ESSA, SI TERRANNO A DISTANZA PER TIMORE DEI SUOI TORMENTI; PIANGENDO E GEMENDO, DIRANNO:
A) Anche i mercanti della terra, come i re della terra , si tengono a distanza per timore dei suoi tormenti. L’espressione è la stessa del versetto 10: il castigo di Babilonia provoca in tutti la stessa reazione. B) “Piangendo e gemendo”. Piangeranno e grideranno dal dolore quando vedranno la sua fine e con essa anche la loro. Addolorati, colpiti e sorpresi da quanto accaduto, saranno costretti ad allontanarsi da lei e riflettendo sul danno che hanno subito capiranno quanto hanno sbagliato a farsi ipnotizzare dall’Anticristo. Saranno anch’essi – come i re della terra - terrorizzati a vedere il terribile castigo con cui è stata tormentata Babilonia la grande. C) Non c’è dubbio che le espressioni “i re della terra”, “i mercanti e i naviganti della terra”, vogliono indicare la totalità dei partigiani di Babilonia la grande, cioè quegli “abitanti della terra” colpevoli di adorare la Bestia. I re (potere), i mercanti (ricchezze), i naviganti (traffici internazionali) piangono per la caduta rovinosa e rapida della prostituta, a cui erano legati a filo doppio per i loro interessi. Gemono tutti coloro che hanno partecipato attivamente o passivamente al regime di idolatria della prostituta.

[16] GUAI, GUAI, IMMENSA CITTÀ, TUTTA AMMANTATA DI BISSO, DI PORPORA E DI SCARLATTO, ADORNA D’ORO, DI PIETRE PREZIOSE E DI PERLE! [17] IN UN’ORA SOLA È ANDATA DISPERSA SÌ GRANDE RICCHEZZA!.
A) “Guai…..tutta ammantata di porpora”. Si allude alla donna-prostituta descritta in Ap 17, 4:”La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle”. I mercanti della terra, come i re della terra, pronunceranno queste parole di dolorosa constatazione del castigo con cui “Babilonia la grande” è stata umiliata e ridicolizzata: “in un’ora sola è andata dispersa sì grande ricchezza”. B) Mentre i re affermano che in un’ora sola è giunta la sua condanna, i mercanti – avendo un’ottica economica – affermano che in un’ora sola sono andate perdute tutte le sue ricchezze. Pur essendo in se stesse parole pronunciate con amarezza e sgomento, finiscono per risultare parole di lode e di gloria a Dio che ha operato la giustizia per le iniquità compiute.

TUTTI I COMANDANTI DI NAVI E L’INTERA CIURMA, I NAVIGANTI E QUANTI COMMERCIANO PER MARE SE NE STANNO A DISTANZA, [18] E GRIDANO GUARDANDO IL FUMO DEL SUO INCENDIO: “QUALE CITTÀ FU MAI SOMIGLIANTE ALL’IMMENSA CITTÀ?”. [19] GETTANDOSI SUL CAPO LA POLVERE GRIDANO, PIANGONO E GEMONO: “GUAI, GUAI, IMMENSA CITTÀ, DEL CUI LUSSO ARRICCHIRONO QUANTI AVEVANO NAVI SUL MARE! IN UN’ORA SOLA FU RIDOTTA A UN DESERTO!
A) Infine è presa in considerazione una terza categoria: i comandanti di navi, i naviganti e i commercianti per mare. Oggi, probabilmente, rappresentano i “servizi” o il “terziario”. Giovanni utilizza le immagini della società del suo tempo e usa quel vocabolario. A quel tempo probabilmente la maggior parte dei commerci avvenivano, attraverso le navi, sul mare. Oggi i mezzi di trasporto si sono moltiplicati e diversificati e sono più rapidi e potenti. Anche “i comandanti delle navi” (i detentori di mezzi di trasporto), come le altre due categorie, “se ne stanno a distanza” (v. 10 e v. 15), per lo stesso motivo: hanno tutti visto il terribile castigo che si è abbattuto sulla presuntuosa Babilonia la grande e come essa è stata umiliata e ridicolizzata.

B) “Gridano guardando il fumo del suo incendio”. Anche questa terza categoria, come le prime due, piangerà e griderà dal dolore vedendo la rovinosa e improvvisa fine di Babilonia e con essa anche la loro. C) “Qual città fu mai somigliante all’immensa città?”. I naviganti, che viaggiando hanno visto tutto il mondo, possono attestare che nessun’altra città era uguale alla grande città. Qui abbiamo un altro caso in cui dal genere della profezia si passa al genere della narrazione, come in Ap 11,11 s. Questo passaggio si spiega, qui, per l’utilizzazione di Ez 27,27 dove l’esclamazione (“quale città fu mai somigliante…”) è proprio uguale a quella di Ap 13,4. Solo che lì era un’espressione dettata dallo stupore e dall’esaltazione dell’effimera e momentanea vittoria della Bestia, qui invece è il pianto amaro della gente che ha perso tutto ma è ancora attaccata all’idolo caduto e distrutto. D) “Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono”. Si moltiplicano i segni di lutto. Gettarsi la polvere sul capo – come per gli amici di Giobbe (Gb 2,12) era un segno di cordoglio (cfr. Ez 27,30; Giob 11,12) e di estremo dolore (Is 7,6; Lam 2,10). Questi, al “funerale”, del loro “vitello d’oro”, piangono e gemono, non solo per la morte della loro “città-idolo”, ma anche per il danno da loro ricevuto. E) “Possiamo così raccogliere i diversi aspetti della colpa di Babilonia, per cui è stata punita: 1) l’arrogante presunzione della propria forza e invincibilità (18,7); 2) il lusso (18,16); 3) l’organizzazione commerciale al servizio del consumismo e dell’accumulo della ricchezza (18,19); 4) l’esclusione dal proprio orizzonte d’ogni autentico riferimento a Dio; 5) il disprezzo della vita umana; 6) la violenza e la persecuzione contro i cristiani (18,24). /…/ La caduta di Babilonia per i non credenti è una catastrofe, per i credenti è liberazione e intervento della giustizia di Dio: “Condannandola Dio vi ha reso giustizia” (cfr. Ap 6, 9-11)” (Bruno Maggioni, L’Apocalisse, per una lettura profetica del tempo presente, Cittadella Editrice, Assisi, 2003, pp. 194-195).

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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30