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UN ANGELO ANNUNZIA LA CADUTA DI BABILONIA
La rovina e la caduta di Babilonia la grande sono presentate con uno stile ed un linguaggio che ricordano le profezie di Isaia (13, 14, 23), di Geremia (50, 51) e di Ezechiele (27-28), nelle quali si annunzia la caduta di Tiro e di Babilonia. Se Ap 17 era eminentemente ispirata a Ger 51, il modello di Ap 18 lo troviamo in Ez 27-28. Un angelo annunzia la caduta di Babilonia la grande come un fatto già accaduto e ne indica le ragioni. L’Apocalisse parla tre volte della caduta di Babilonia:A) Ap 14,8; B) Ap 16,19-21; C) Cap 17-18. “La caduta di Babilonia non è raccontata in se stessa, ma attraverso le reazioni e i commenti dei diversi spettatori. Non si tratta di una narrazione della caduta di Babilonia, ma di un coro di commenti e di valutazioni, di echi che essa ha creato, in cui intervengono personaggi diversi, con reazioni diverse” (Bruno Maggioni, L’Apocalisse, per una lettura profetica del tempo presente, Cittadella Editrice, Assisi, 2003, pp. 190-191). Il capitolo è una lamentazione sulla caduta di Babilonia, pronunciata dai suoi partigiani. Giovanni aveva già raccontato in che modo era caduta ed era stata colpita Babilonia la grande, in Ap 16, 17-21, quando era stata versata la 7^ Coppa. Ora descrive le reazioni che quel castigo ha suscitato in coloro che si erano prostituiti con quella Babilonia.


[1] DOPO CIÒ, VIDI UN ALTRO ANGELO DISCENDERE DAL CIELO CON GRANDE POTERE E LA TERRA FU ILLUMINATA DAL SUO SPLENDORE.

A) “Vidi un altro angelo, discendere dal cielo”. Un angelo diverso quindi da quello che, nel Cap 17, lo aveva portato nel deserto a vedere la prostituta seduta sulla Bestia. In questo capitolo 18 c’è anche una “epifania angelica” (Ap 18,1.4.21). B) “Con grande potere”. Significa che questo angelo ha una dignità particolare, è molto elevato nella gerarchia angelica (9 Cori degli angeli). Siccome deve collaborare con Gesù ad eliminare Babilonia la grande, grande è il potere dell’angelo che interviene per distruggerla. C) “E la terra fu illuminata dal suo splendore”. Questo angelo irradia un grande splendore divino. Più grande è il potere di un angelo, più egli è vicino a Dio, più è in alto nella gerarchia dei Cori angelici, più grande è il suo splendore cioè la luce di Dio che emana da lui (cfr. Ez 43,2). D) L’espressione è presa, alla lettera, da Ez 43,2.

“La scena di Ezechiele è usata più volte da Giovanni: si tratta del ritorno trionfale di Dio, accompagnato dalla sua Gloria, nel tempio ricostruito di Gerusalemme. Nello stesso verso di Ezechiele (sempre in ebraico) troviamo che la “voce” della Gloria è “come voce di molte acque”, così come Giovanni ha definito la voce di Gesù risorto (Ap 1,15) e fra poco dirà di sentire “una voce di un’immensa folla simile a fragore di grandi acque /…/ che gridavano: Alleluia, Ha preso possesso del suo regno il Signore” (Ap 19,6). Lo stesso Ezechiele, infine, afferma che la visione che ora egli vede è in tutto simile a quella che aveva veduta “quando (Dio) era andato e distruggere la città” (Ez 43,3), dove la città è Gerusalemme: Giovanni sta ribadendo quanto ha detto più e più volte: quello che accadde ai tempi di Ezechiele si ripete o sta per ripetersi ai suoi tempi. La città nuovamente prostituita, deve essere distrutta, così che la Gloria di Dio possa ritornare. /…/ la città è un ostacolo. /…/ Nell’A.T. i mercanti e i venditori di ogni merce sono allontanati non solo dal Tempio, ma dalla città (Neemia 13,20-21). Questa cacciata dal Tempio di banchieri e mercanti è il modello del passo famoso del Vangelo: la purificazione del tempio operata da Gesù (Mc 11,15). Solo in Matteo abbiamo un’unica categoria di “venditori e compratori”, senza che l’evangelista dica in che cosa commerciano. Ancora una volta, quindi, troviamo le maggiori affinità tra l’Apocalisse e il Vangelo di Matteo” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 281).

Attualizzando possiamo affermare: quello che accadde ai tempi di Ezechiele si ripeterà nel futuro a livello mondiale.

[2] GRIDÒ A GRAN VOCE: “È CADUTA, È CADUTA BABILONIA LA GRANDE ED È DIVENTATA COVO DI DEMÒNI, CARCERE DI OGNI SPIRITO IMMONDO, CARCERE D’OGNI UCCELLO IMPURO E ABORRITO E CARCERE DI OGNI BESTIA IMMONDA E ABORRITA.
A) “Gridò a gran voce”. Nella Sacra Scrittura questa espressione indica una verità solenne che viene proclamata, o una avvenimento di grande importanza che è annunciato. Giovanni vede la “grande città” come un cumulo di rovine. B) “È caduta, è caduta Babilonia la grande”. La potenza di Dio ha gettato giù dal cavallo della sua superbia colui che credeva di innalzarsi al di sopra di Dio, l’Anticristo, ed ha annientato quella “città degli idoli”, la nuova “Torre di Babele” (Gen 11,1-9), che piena di arroganza presumeva di essere, come Golia, invincibile, inespugnabile (cfr. Ap 14,8). Credeva di avere un potere incontrastato e illimitato. Scaduti i tre anni e sei mesi dell’impero mondiale del male e delle tenebre, Babilonia la grande verrà distrutta “in un’ora sola” (Ap 18,10). Gesù la distruggerà col “soffio della sua bocca” (2 Tess 2,8), “verrà spezzata senza intervento di mano d’uomo” (Dn 8, 25), cioè per un intervento di Gesù direttamente dal cielo e rimanendo in cielo (Mt 24, 30; Ap 1, 7; Ap 19, 11- 21). Questa sarà la fine di tutti coloro che si mettono contro Dio! C)“È diventata”. Con questa espressione si indica l’estrema desolazione e degradazione a cui è ridotta l’infame città. I luoghi deserti e coperti di rovine erano, nell’antichità, comunemente ritenuti abitazioni dei cattivi spiriti (cfr. Is 13, 21-22; 21,9; 34, 11-14;).

D) “Covo di demoni, carcere di ogni spirito immondo, di ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda ed aborrita”. Si riteneva che i demoni fossero rintanati nei luoghi inospitali e tra le macerie (cfr. Mt 12,43). In Ger 51,31 si dice che Babilonia sarà “dimora di sciacalli”. In 1 Baruc IV,35 si dice espressamente che la città “sarà abitata da demoni”. Inoltre in Is 34,11-15 e in Ger 50,39 c’è una lista di uccelli e animali immondi che troveranno rifugio fra le rovine di Edom o di Babilonia. Nella concezione ebraica antica le bestie immonde erano agenti o ausiliari del male. Babilonia la grande è “l’albergo” dove sono accolti e ospitati tutti coloro che sono preda del demonio, degli spiriti maligni, della diabolica suggestione dell’Anticristo, tutti quelli che hanno il cuore empio, che odiano Dio e tramano contro di Lui; tutti quelli che combattono contro Dio; tutti coloro che hanno aderito al sistema perverso e idolatra di valori anticristiani diffusi a livello mondiale. Babilonia la grande è l’immensa città in cui si danno convegno tutte le anime più maledette della terra, tutti gli uomini più indemoniati della terra.

E) Già Pio XI denunciava il degrado della società, la sua brama di possesso e il consumismo sfrenato dicendo: “La grande malattia dell’età moderna, fonte particolare dei mali che tutti deploriamo, è la mancanza di riflessione, quella spinta continua e febbrile verso le cose esterne, quella smodata brama delle ricchezze e dei piaceri, che a poco a poco affievolisce negli animi ogni più nobile ideale, li immerge nelle cose terrene e transitorie e non consente loro di accedere alla considerazione delle verità eterne” (Mens nostra, n. 6). Papa Pio XII, con espressione proverbiale aveva dichiarato che “il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato” (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, n. 18). F) È come se l’inferno si fosse trasferito sulla terra per opporsi al trionfo del Cuore Immacolato di Maria, sulla terra. Così ha affermato Padre Pio, il quale a proposito della condizione misera del nostro secolo, ha rivelato: “Se poteste vedere tutti gli spiriti maligni che sono sulla terra, vedreste il sole oscurato. Essi sono tutti qui sulla terra per opporsi al trionfo del Cuore Immacolato di Maria”.

[3] PERCHÉ TUTTE LE NAZIONI HANNO BEVUTO DEL VINO DELLA SUA SFRENATA PROSTITUZIONE, I RE DELLA TERRA SI SONO PROSTITUITI CON ESSA E I MERCANTI DELLA TERRA SI SONO ARRICCHITI DEL SUO LUSSO SFRENATO.
A) L’estensione di Babilonia sarà mondiale: riguarderà tutte le nazioni, tutti i regni, tutti i loro governanti, tutti i traffici mercantili e i loro impiegati. L’idolatria e il lusso sfrenato la faranno da padroni. B) “I mercanti della terra”. Il termine greco usato per mercanti (“oì emporoi”),designa l’affarista all’ingrosso che viaggia per mare importando ed esportando merci. C) “Lusso sfrenato”. In greco “tou strénous autes”.

Letteralmente bisognerebbe tradurre, l’ambizione e la superbia, ma dalle versioni antiche risulta il significato nuovo di lusso o sfarzo connesso con la sensualità (cfr. Ap 17,4).

IL POPOLO ELETTO DEVE FUGGIRE

[4] POI UDII UN’ALTRA VOCE DAL CIELO: “USCITE, POPOLO MIO, DA BABILONIA PER NON ASSOCIARVI AI SUOI PECCATI E NON RICEVERE PARTE DEI SUOI FLAGELLI.
A) “Una voce dal cielo”. Potrebbe essere quella di Dio o di Cristo perché chiama gli eletti “popolo mio”. Però al v.5 parla di Dio in terza persona ed è posta in relazione alla voce precedente che è quella di un angelo, perciò dovrebbe essere pure lei una voce angelica. Queste voci fanno risuonare proclamazioni solenni, lanciano ordini, avvertimenti o appelli in nome di Dio, nel più puro stile profetico. Questa voce ordina ai buoni, ai fedeli di Gesù Cristo, di separarsi e di uscire dalla città perversa, perché essa verrà colpita dai castighi di Dio e chi dei fedeli si troverà ancora in essa dovrà subire parte dei flagelli a lei destinati; quindi se vogliono sottrassi a questi castighi devono allontanarsi dalla città-prostituta. B) Non si tratta di allontanarsi geograficamente da qualche luogo particolare, ma di uscire dal sistema perverso e idolatra di valori anticristiani diffusi a livello mondiale. S. Agostino (La Città di Dio, XXVIII, 18) interpreta questo monito spiritualmente: con la fede e la vita spirituale uscire dalla città materialista ed idolatra di questo secolo. I cristiani sono invitati ad uscire dal regime pagano e idolatrico della “grande città”. Essi non devono tollerare e accettare nessuna contaminazione: transigere significherebbe essere rubricati tra i tiepidi che Cristo vomita (Ap 3,16). C) Anche a Lot fu intimato di uscire da Sodoma (Gen 19,15). Letteralmente la frase si riallaccia all’uscita degli israeliti, esuli in Babilonia, verso la terra dei Padri (cfr. Is 48,20; 52,11) e alla preservazione degli israeliti dai castighi che incombono su Babilonia per cui Geremia ordinò al popolo ebreo di uscire dall’antica Babilonia (50, 8; 51,6.45). L’espressione è ripresa nel N.T. (2 Cor 6,17). D) La frase riecheggia, inoltre, l’ammonimento di Cristo: “Allora quelli che stanno in Giudea fuggano ai monti; chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le sue cose in casa; chi sta in campagna non torni indietro a prendere il suo mantello” (cfr. Mt 24, 16-18). Ammonizioni tutte che riguardano l’incombere della “grande tribolazione” (Mt 24, 21). E) “Per non associarvi”. La frase esprime solidarietà nel peccato.

[5] PERCHÉ I SUOI PECCATI SI SONO ACCUMULATI FINO AL CIELO E DIO SI È RICORDATO DELLE SUE INIQUITÀ.
A) In questo versetto viene indicato il motivo per cui Babilonia la grande verrà castigata. L’espressione è proprio uguale a quella usata due capitoli prima: “Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente” (Ap 16, 19). B) L’immagine dell’accumulo dei peccati fino al cielo richiama chiaramente la Torre di Babele (Gen 18,20) e richiama chiaramente il lamento di Dio per i peccati di Sòdoma e Gomorra. È un modo per segnalare la gravità del peccato e dei peccati commessi in relazione all’apostasia generale e diffusa. A causa dei suoi peccati molto gravi – il cui grido è arrivato fino a Dio (cfr. Gen 18, 20-21), Babilonia la grande - come Sodoma e Gomorra – verrà distrutta, perché le sue iniquità hanno colmato la misura, hanno “disgustato” anche Dio.

[6] PAGATELA CON LA SUA STESSA MONETA, RETRIBUITELE IL DOPPIO DEI SUOI MISFATTI. VERSATELE DOPPIA MISURA NELLA COPPA CON CUI MESCEVA.
A) Qui c’è un cambio di destinatario. L’ordine di uscire era per i cristiani. La presente esortazione non si rivolge dunque ai cristiani per spingerli a vendicarsi, ma i destinatari sono gli strumenti del castigo di Dio a cui viene detto di compiere il loro dovere. Queste parole sono indirizzate agli Angeli (e ai Santi?), che insieme a Gesù giudicheranno il mondo (cfr. 1 Cor 6,2; cfr. Ap 20, 4) e che eseguiranno i giusti decreti di Dio. B) “Pagatela con la sua stessa moneta”. La giustizia divina esige – se non c’è pentimento – l’equivalenza tra il castigo e il delitto commesso (cfr. Mt 16,27; 25, 31-46; Rom 2,6; 2 Cor 5,10; Gal 6,7). Il testo s’ispira a Ger 50,15.29: “Trattatela come essa ha trattato gli altri. /…./ Ripagate Babilonia secondo le sue azioni, fate a lei ciò che essa ha fatto, perché s’è fatta arrogante contro Jahwè“. Il suo peccato supremo d’orgoglio era la sua sfida rivolta a Dio stesso. L’illusione di essere come Dio e quindi l’opposizione a Dio è la radice di ogni prevaricazione del potere.

C) “Retribuitele il doppio”. L’espressione “doppia misura” sembrerebbe non indicare la quantità, ma la durezza del castigo. Sarebbe un’espressione per dire: pagatela col doppio delle sofferenze che essa ha inflitto agli altri (cfr. Is 40,2; Ger 16,18; Es 17,1.4.7). La frase si trova identica in Gb 42,10. L’idea di una punizione “doppia”, tuttavia, è caratteristica tradizionale di Gerusalemme e di Israele (cfr. Beagley 1987, p. 98). Is 40,2 suona: “Ha ricevuto dalla mano di YHWH il doppio per tutti i suoi peccati”; e Ger 16,18 ribadisce: “In primo luogo restituirò al doppio le loro malvagità e i loro peccati, poiché hanno contaminato la mia Terra con le carcasse dei loro abomini”. “Abominio” o “abominazione” indica qui atti rituali (sacrifici) idolatrici compiuti da ebrei. Se, dunque, ci si poteva attendere che i nemici d’Israele fossero puniti da Dio secondo la legge del taglione, è tradizione che Israele (e Gerusalemme) sia punita da Dio al doppio.

Il motivo si trova probabilmente nella coscienza ebraica che il proprio peccato non è mai un “semplice” peccato, ma è sempre un tradimento e quindi è più grave del peccato degli altri e meritevole di pena più severa” (Edmondo Lupieri, L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Lorenzo Valle, Mondadori, 2000, p. 284). Invece ai buoni verrà dato il centuplo (Mt 19,29).

[7] TUTTO CIÒ CHE HA SPESO PER LA SUA GLORIA E IL SUO LUSSO, RESTITUITEGLIELO IN TANTO TORMENTO E AFFLIZIONE. POICHÉ DICEVA IN CUOR SUO: IO SEGGO REGINA, VEDOVA NON SONO E LUTTO NON VEDRÒ; [8] PER QUESTO, IN UN SOLO GIORNO, VERRANNO SU DI LEI QUESTI FLAGELLI: MORTE, LUTTO E FAME; SARÀ BRUCIATA DAL FUOCO, POICHÉ POTENTE SIGNORE È DIO CHE L’HA CONDANNATA.
Si osservi che per ben quattro volte è ripetuto l’ordine di castigare l’empia città.
A) “Tutto ciò che ha speso per la sua gloria”. Tanto ha speso per autoglorificarsi e per esaltarsi nel lusso, tanto sarà tormentata e afflitta. La colpa di Babilonia è innanzitutto la sua superba autodeificazione, il suo delirio di ergersi contro Dio, di innalzarsi al di sopra di Dio, ripudiando ogni dipendenza da Dio e proponendosi come “dio” alternativo. B) “Poiché diceva ….io lutto non vedrò”. Proprio perché si era esaltata dicendo: 1) sono regina (nessuno può contrastare il mio potere), 2) vedova non sono (ha avuto per amanti tutti i re della terra), 3) lutto non vedrò (nessuno può mettere fine al mio regno), verrà precipitata rovinosamente e in brevissimo tempo, per essere umiliata e ridicolizzata. Il testo traduce liberamente Is 47, 7-9: “Tu (Babilonia) hai detto: Sarò sovrana in eterno!....Io non resterò vedova e non conoscerò sterilità”. Babilonia usurpa la gloria dovuta a Dio solo e si autoproclama regina. C) “Per questo in un solo giorno”. La fulmineità del castigo si esprime con le stesse parole di Is 47,9: “…in un solo giorno”.

D) “Verranno su di lei questi flagelli”. A motivo della sua arroganza e delle sue numerose empietà, verranno riversati su di lei questi flagelli, queste piaghe, a cui essa non potrà sfuggire. Dio la raggiungerà ovunque e comunque. E) ”Morte, lutto e fame”. Sarà bruciata dal fuoco, come è stata bruciata Sodoma dal fuoco sceso dal cielo, proveniente dal Signore (cfr. Gen 19, 23-24). Su Babilonia piombano tre flagelli: 1) morte 2) e lutto perché diventerà vedova dei suoi abitanti, a causa del “grande terremoto che squarcia in tre la grande città e crollano le città delle nazioni; ogni isola scomparve e i monti si dileguarono” (Ap 16, 19-20); 3) fame, sia come conseguenza già di questa epocale e mondiale distruzione, sia soprattutto a causa della “grandine enorme del peso di mezzo quintale” che rovina tutto e devasta ogni coltivazione. L’ultimo e totale castigo sarà il fuoco che la divorerà, secondo la predizione di Ap 17,16: “I dieci re /…/ la bruceranno col fuoco”. F) “Poiché potente Signore è Dio che l’ha condannata”.
Dio è il più forte di tutti e la sua potenza non ha limiti. Dio ha il potere di intervenire dovunque, comunque e su chiunque e di sottomere tutti a sé. Dio ha il potere di castigare chiunque, in qualsiasi momento e di scegliere qualunque mezzo adatto. Egli ha il potere di sopravanzare qualunque opposizione a Lui. Nulla può resistere alla sua forza. Tutto è morto nella città abbandonata da Dio.
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Associazione Fede, Cultura e Società - a cura di Don Guglielmo Fichera - Ultima modifica: 11/09/2007 ore 16:30