Letteralmente bisognerebbe tradurre, l’ambizione e la superbia, ma dalle versioni antiche risulta il significato nuovo di lusso o sfarzo connesso con la sensualità (cfr. Ap 17,4).
IL POPOLO ELETTO
DEVE FUGGIRE
[4] POI UDII UN’ALTRA VOCE DAL CIELO: “USCITE, POPOLO MIO, DA BABILONIA PER NON ASSOCIARVI AI SUOI PECCATI E NON RICEVERE PARTE DEI SUOI FLAGELLI.
A) “Una voce dal cielo”. Potrebbe essere quella di Dio o di Cristo perché chiama gli eletti “popolo mio”. Però al v.5 parla di Dio in terza persona ed è posta in relazione alla voce precedente che è quella di un angelo, perciò dovrebbe essere pure lei una voce angelica. Queste voci fanno risuonare proclamazioni solenni, lanciano ordini, avvertimenti o appelli in nome di Dio, nel più puro stile profetico. Questa voce ordina ai buoni, ai fedeli di Gesù Cristo, di separarsi e di uscire dalla città perversa, perché essa verrà colpita dai castighi di Dio e chi dei fedeli si troverà ancora in essa dovrà subire parte dei flagelli a lei destinati; quindi se vogliono sottrassi a questi castighi devono allontanarsi dalla città-prostituta. B) Non si tratta di allontanarsi geograficamente da qualche luogo particolare, ma di uscire dal sistema perverso e idolatra di valori anticristiani diffusi a livello mondiale. S. Agostino (La Città di Dio, XXVIII, 18) interpreta questo monito spiritualmente: con la fede e la vita spirituale uscire dalla città materialista ed idolatra di questo secolo. I cristiani sono invitati ad uscire dal regime pagano e idolatrico della “grande città”. Essi non devono tollerare e accettare nessuna contaminazione: transigere significherebbe essere rubricati tra i tiepidi che Cristo vomita (Ap 3,16). C) Anche a Lot fu intimato di uscire da Sodoma (Gen 19,15). Letteralmente la frase si riallaccia all’uscita degli israeliti, esuli in Babilonia, verso la terra dei Padri (cfr. Is 48,20; 52,11) e alla preservazione degli israeliti dai castighi che incombono su Babilonia per cui Geremia ordinò al popolo ebreo di uscire dall’antica Babilonia (50, 8; 51,6.45). L’espressione è ripresa nel N.T. (2 Cor 6,17). D) La frase riecheggia, inoltre, l’ammonimento di Cristo: “Allora quelli che stanno in Giudea fuggano ai monti; chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le sue cose in casa; chi sta in campagna non torni indietro a prendere il suo mantello” (cfr. Mt 24, 16-18). Ammonizioni tutte che riguardano l’incombere della “grande tribolazione” (Mt 24, 21). E) “Per non associarvi”. La frase esprime solidarietà nel peccato.
[5] PERCHÉ I SUOI PECCATI SI SONO ACCUMULATI FINO AL CIELO E DIO SI È RICORDATO DELLE SUE INIQUITÀ.
A) In questo versetto viene indicato il motivo per cui Babilonia la grande verrà castigata. L’espressione è proprio uguale a quella usata due capitoli prima: “Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente” (Ap 16, 19). B) L’immagine dell’accumulo dei peccati fino al cielo richiama chiaramente la Torre di Babele (Gen 18,20) e richiama chiaramente il lamento di Dio per i peccati di Sòdoma e Gomorra. È un modo per segnalare la gravità del peccato e dei peccati commessi in relazione all’apostasia generale e diffusa. A causa dei suoi peccati molto gravi – il cui grido è arrivato fino a Dio (cfr. Gen 18, 20-21), Babilonia la grande - come Sodoma e Gomorra – verrà distrutta, perché le sue iniquità hanno colmato la misura, hanno “disgustato” anche Dio.
[6] PAGATELA CON LA SUA STESSA MONETA, RETRIBUITELE IL DOPPIO DEI SUOI MISFATTI. VERSATELE DOPPIA MISURA NELLA COPPA CON CUI MESCEVA.
A) Qui c’è un cambio di destinatario. L’ordine di uscire era per i cristiani. La presente esortazione non si rivolge dunque ai cristiani per spingerli a vendicarsi, ma i destinatari sono gli strumenti del castigo di Dio a cui viene detto di compiere il loro dovere. Queste parole sono indirizzate agli Angeli (e ai Santi?), che insieme a Gesù giudicheranno il mondo (cfr. 1 Cor 6,2; cfr. Ap 20, 4) e che eseguiranno i giusti decreti di Dio. B) “Pagatela con la sua stessa moneta”. La giustizia divina esige – se non c’è pentimento – l’equivalenza tra il castigo e il delitto commesso (cfr. Mt 16,27; 25, 31-46; Rom 2,6; 2 Cor 5,10; Gal 6,7). Il testo s’ispira a Ger 50,15.29: “Trattatela come essa ha trattato gli altri. /…./ Ripagate Babilonia secondo le sue azioni, fate a lei ciò che essa ha fatto, perché s’è fatta arrogante contro Jahwè“. Il suo peccato supremo d’orgoglio era la sua sfida rivolta a Dio stesso. L’illusione di essere come Dio e quindi l’opposizione a Dio è la radice di ogni prevaricazione del potere.
|